Il 09 marzo 1842, al Teatro alla Scala di Milano, andò in scena la prima di un’opera che lo stesso Giuseppe Verdi definì con queste parole: «Con questa opera si può dire veramente che ebbe inizio la mia carriera artistica». Si parla, ovviamente, del Nabucco. Spesso questo grande affresco, che ha come personaggio principale la grande massa del popolo ebraico e, come il titolo suggerisce, il grande Re, richiama alla memoria le rossiniane Moïse e Guillame Tell. Rispetto a queste, però, in Nabucco vi è un personaggio affatto nuovo, Abigaille. Il libretto soleriano ci presenta questa donna in maniera nuova. Non si può ancora parlare di personaggi con un vero e proprio tratto psicologico plasticamente ben definito, con quelle declinazioni della personalità che caratterizzeranno i grandi personaggi della maturità verdiana. Abigaille però qui svetta su tutti come una nuvola temporalesca in un giorno di quiete estiva. L’estrema novità che il Maestro di Busseto apporta sta nelle violenze vocali, spesso assai spinte, che invadono questa figura e la rivestono di un’aura estremamente forte. Già la sua prima sarcastica entrata, nel registro basso, è parecchio eloquente, e tipici saranno in questo senso, i frequentissimi salti d’ottava dall’alto in basso, tanto frequenti da fungere quasi come un Leitmotiv. Nei momenti di ripiegamento amoroso intona vocalizzi del più alto stile belcantistico. Abigaille ha in sé qualcosa che la isola e la fa emergere su tutte le sue precorritrici verdiane. Riportiamo alla mente che la prima assoluta interprete di questo ruolo fu quella stessa Giuseppina Strepponi che sarebbe poi divenuta la sig.ra Verdi. Nell’antico mondo dell’opera raramente le mogli dei compositori sostennero ruoli di primo piano. Alcune assursero al rango di celebrità per virtù propria (ricordiamo il caso della Colbran). La storiografia di parte idealista tende a glorificare ed incensare la Strepponi come eccelsa ma, da fonti “neutre” sappiamo che nel 1842 la Strepponi era realmente in declino e poi la parte non le si adattava.

 

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