È con immenso piacere che siamo in compagnia di uno dei più grandi miti dell’Opera. Famosissimo, passionale ed integro, Mario Cavaradossi è un personaggio indimenticabile del panorama lirico. Oggi, per questa intervista speciale, approfittiamo dell’allentamento delle restrizioni per fare una passeggiata tra le strade di Roma, in modo da rivivere i punti salienti della Tosca raccontati direttamente dal suo protagonista.

 

Buongiorno Mario, ti ringrazio per aver accettato il nostro invito e soprattutto per questa passeggiata immersi in una cornice straordinaria. L’opera di cui sei protagonista si svolge proprio qui, a Roma, ed oggi insieme a te ripercorreremo le tappe salienti della vicenda. Cominciamo proprio dall’inizio: Basilica di Sant’Andrea della Valle.

[Sorride]. Grazie a voi per l’invito e per questa intervista itinerante, bisogna cercare di approfittare di ogni d’aria che ci concedono e poi passeggiare per Roma è sempre meraviglioso. Amo questa città e ogni suo elemento, nonostante la tragicità che per me la contraddistingue. Non so se sarò in grado di raccontare tutta la storia senza commuovermi, perciò spero che perdonerete i miei momenti di silenzio.

  • Ci mancherebbe altro, probabilmente ci commuoveremo tutti. Tosca non è un’opera che si può guardare od ascoltare senza che le emozioni ti travolgano.

Vi ringrazio. Bene, è ora di cominciare il racconto. È molto tempo che non vedo dal vivo la Basilica di Sant’Andrea, ma anche se il tempo è passato e non siamo in scena le emozioni che provo sono sempre le stesse. Adoro questo luogo, ma sento dentro sempre un retrogusto malinconico quando lo guardo. Qui è iniziato tutto, un luogo consacrato a Dio che si trasformerà nel primo teatro della tragedia umana di cui siamo tutti protagonisti. Ricordo quel giorno come fosse ieri, come se lo rivivessi continuamente. Ricordo la mia serenità nel dipingere, i miei pensieri felici legati a Tosca e la voglia fremente di rivederla, la vita che scorreva attraverso le mie pennellate, il sogno di un futuro che non ci sarebbe mai stato. E, in un attimo, tutto è mutato, dall’entrata di Angelotti in chiesa si è scritta un’altra pagina di vita. Se solo non si fossero sovrapposti gli avvenimenti, la storia sarebbe potuta andare diversamente. Tornassi indietro, lo aiuterei ancora e anzi troverei un modo più efficace per assicurargli la salvezza. Io e Angelotti, fuggito dalle prigioni di Castel Sant’Angelo, condividevamo la stessa fede politica bonapartista, di nascosto, poiché questo non era ben visto dopo la caduta della prima Repubblica Romana. Avevamo escogitato un piano per metterlo in salvo che sarebbe riuscito se non fosse stato per la gelosia di Tosca, fomentata dal perfidio Scarpia. Se ti stai chiedendo se sono arrabbiato con Tosca, la risposta è no. Questo suo carattere focoso, passionale ed intenso, è ciò che mi ha spinto ad innamorarmi di lei. La sua reazione davanti al quadro della Contessa Attavanti mi ha suscitato un’estrema dolcezza, nonostante la situazione fosse critica, perché in ogni suo piccolo scatto d’ira ravvedevo il sentimento che provava per me. Se non ci fosse stato quel viscido di Scarpia, probabilmente la storia non avrebbe assunto queste tinte fosche.

 

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